Nella musica classica indiana dobbiamo abbandonare il concetto di modo “maggiore” e “minore”: lo sviluppo delle melodie si basa infatti sui “Raga”, sequenze di note ordinate, spesso differenti in fase ascendente e discendente, che derivano da una delle dieci scale (analoghe alle nostre scale modali) denominate “Thaat”.
Nella tradizione musicale indiana a specifici “Raga” sono associate specifiche stagioni e specifiche ore del giorno, ma anche specifiche emozioni: sono infatti stati creati centinaia di Raga, anche se quelli più utilizzati sono all’incirca 70.
Inoltre, nella musica classica indiana gioca un ruolo molto importante l’improvvisazione che avviene attorno al Raga, e lo sviluppo della composizione non è basato sul piano armonico, quanto invece sugli inviluppi stessi del connubbio melodia-improvvisazione che si intreccia con la sovrapposizione ritmica dell’accompagnamento, la cui metrica (spesso complessa) gioca un ruolo molto importante.
E’ necessario anche tenere presente che nella tabella dei “Thaat” sotto riportata, non ci si riferisce all’intonazione assoluta delle note indicate, quanto invece agli intervalli relativi che ci sono fra una nota e l’altra all’interno di ciascuna scala: pertanto ogni scala può essere effettivamente generata da una qualsiasi nota di partenza, purchè vengano rispettati i suoi intervalli interni, come avremo modo di vedere fra poco parlando del sistema di notazione utilizzato.
Utilizzando per ora il sistema di notazione letterale occidentale, e stabilendo ad esempio il DO come nota di partenza, i dieci Thaat saranno:
Bilawal: DO RE MI FA SOL LA SI DO
Kalyan: DO RE MI FA# SOL LA SI DO
Khamaj: DO RE MI FA SOL LA SIb DO
Bhairav: DO REb MI FA SOL LAb SI DO
Poorvi: DO REb MI FA# SOL LAb SI DO
Marwa: DO REb MI FA# SOL LA SI DO
Kafi: DO RE MIb FA SOL LA SIb DO
Asavari: DO RE MIb FA SOL LAb SIb DO
Bhairavi: DO REb MIb FA SOL LAb SIb DO
Todi: DO REb MIb FA# SOL LAb SI DO
Nella musica classica indiana ci si basa quindi su questi dieci “Thaat” dai quali vengono derivati poi più specifici “Raga”: essi contengono il numero e la sequenza delle note da suonare in partenza, e un insieme di indicazioni che riguardano quale nota debba essere la “fondamentale” del Raga, quali siano le note di “riposo” o quelle “dissonanti” e le variazioni micro-tonali, creando così infinite sfumature di combinazioni di fattori, nel tentativo di rispecchiare, o risvegliare, una determinata sensazione dell’animo umano.
Un ultimo cenno sul sistema di notazione: differentemente dalle consuetidini occidentali, che, sfruttando il principio dell’intonazione assoluta, attribuiscono un nome specifico ad una nota con altezza (frequenza) ben definita, nella cultura musicale indiana le note hanno invece nomi fissi che si adattano all’altezza della nota scelta come riferimento.
Riporto qui l’indicazione dei nomi delle sette note nelle due principali tradizioni classiche indiane:
la indostana (Hindustani – India settentrionale):
Sa Re Ga Ma Pa Dha Ni
e la carnatica (Karnàtak – India meridionale):
Sa Ri Ga Ma Pa Dha Ni
Una volta definita la tonica come “Sa” (una qualsiasi nota di altezza a nostro piacere) le altre note prenderanno quindi il loro nome di conseguenza, sfruttando cioè il meccanismo dell’intonazione relativa.
L’insieme delle 12 note della scala cromatica, a distanza di un semitono l’una dall’altra, talvolta viene così indicato (a partire da una nota qualunque scelta come nota di partenza):
S-r-R-g-G-m-M-P-d-D-n-N-S’
riferendosi agli intervalli di:
S – Tonica
r – Seconda Minore
R – Seconda Maggiore
g – Terza Minore
G – Terza Maggiore
m – Quarta giusta
M – Quarta aumentata
P – Quinta giusta
d – Sesta Minore
D – Sesta Maggiore
n – Settima Minore
N – Settima Maggiore
S’ – Ottava
In questo modo ritroviamo così l’insieme dei 12 semitoni disponibili all’interno di un’ottava musicale, utilizzando il simbolo dell’apostrofo ” ‘ ” posto subito prima o subito dopo la sigla della nota, per indicare rispettivamente l’ottava inferiore e l’ottava superiore rispetto a quella centrale.
Un celebre esempio di Raga, il “Bhimpalasi“, è il seguente:
(ascendente) ‘n S g m P, n S’
(discendente) S’ n D P, D m P g, m g R S
Questo Raga, basato sul Thaat “Kafi“, dovrebbe essere utilizzato nella fasica oraria indicata come “tardo pomeriggio”.
Scegliendo il DO come nota di base del Raga questa notazione corrisponderebbe a:
(ascendente) SIb[ottava inferiore] DO MIb FA SOL, SIb DO[ottava superiore]
(discendente) DO[ottava superiore] SIb LA SOL, LA FA SOL MIb, FA MIb RE DO
Troviamo qui un bell’esempio di esecuzione di questo Raga (incentrato qui su un SIb come “Sa”) da parte dell’apprezzata Ashwini Bhide-Deshpande, a partire da 0′:35”, dopo una breve introduzione all’esecuzione:
Famosa l’esecuzione di questo Raga da parte di Ravi Shankar, ospite al “Monterey International Pop Festival” (tenutosi nel 1967, che è, insieme al festival di Woodstock, un importante tappa del percorso musicale della storia americana recente), in uno dei primi momenti di commistione pubblica fra musica occidentale ed indiana.
In conclusione, il concetto di tonalità con le relative armature di chiave è del tutto assente, mentre è indispensabile la conoscenza dei rapporti reciproci fra tutte e 12 le note contenute all’interno di un’ottava, utilizzando quindi un approccio che potremmo considerare affine a quello modale: tuttavia, parte inscindibile di questo processo è la propulsione ritimica utilizzata, che costituirà la piattaforma di lancio (e di arrivo) dell’intero impianto improvvisativo dell’interprete di uno specifico Raga, al quale è lasciato il compito di saper condurre l’uditorio attraverso veri e propri “voli” immaginari sulle trame melodiche via via costruite.
Il concetto di musicista o cantante come “esecutore”, così caro alla cultura classica occidentale, è quindi totalmente assente, mentre si ergono a fondamento le capacità dell’artista di “interprete” e di “compositore” (estemporaneo) attorno ad un flusso di suoni predefinito.
Fonte: https://www.altrisuoniasti.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=91
Categorie:S07- Scale arabe e orientali
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