Musiche della Mongolia
Hoomiy
Una particolarità della musica mongola è l’hoomiy, canto di gola, una raffinata tecnica vocale che richiede una grande perizia tecnica. Le anime mistiche ameranno la produzione sacra: buddhista (mutuata dal Tibet lamaista) e sciamanica, solitamente accompagnata dal tamburo, che simboleggia la cavalcatura utilizzata nel rito.
Khoomei
Una forma di canto armonico è il khoomei. Il canto armonico, detto anche canto difonico, diplofonie e triplofonie, ed in inglese overtone singing, è una tecnica di canto nella quale il cantante sfrutta le risonanze che si creano nel tratto vocale (che si trova tra le corde vocali e la bocca) per far risaltare gli armonici presenti nella voce. In questo modo una singola voce può produrre simultaneamente due o più suoni distinti.
Questo utilizzo della voce, sebbene con differenti tecniche e stili, è presente in molte culture. Infatti, benché tipico di tradizioni come quella tibetana e mongola-tuvana, esso è riscontrabile anche in Sardegna nel canto a tenore, Sudafrica tra la tribù Xosa e in Rajastan.
In Mongolia si possono distinguere molti stili differenti con la particolarità che indicano nel nome la parte del corpo che si suppone partecipi al processo di risonanza: Xamryn Xöömi (Xöömi nasale), Bagalzuuryn Xöömi (Xöömi di gola), Tseedznii Xöömi (Xöömi di petto), Kevliin Xöömi (Xöömi ventrale), Xarkiraa Xöömi (simile al Kargyraa tuvano), Isgerex (flautato; usato più raramente).
Gli strumenti musicali
Strumenti a corda
Morin Khuur – Su tutti gli strumenti musicali domina il morin khuur, strumento nazionale del Paese, insostituibile accompagnamento dell’urtyn duu, entrato nel 2010 nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, insieme al khoomei, il canto di gola. Simile a una viola da gamba, si suona tirando o spingendo di lato le corde (a differenza degli strumenti occidentali, in cui le corde si schiacciano e si pizzicano).
In mongolo la parola morin significa cavallo. Infatti è proprio il riccio a forma di testa di cavallo la caratteristica che permette di individuare immediatamente lo strumento tra altri. Khuur è invece la parola usata per indicare genericamente gli strumenti a corda. Tutt’oggi il morin khuur, chiamato anche khiluur, è considerato il principale strumento nazionale della Mongolia, sempre presente in tutte le cerimonie e in ogni momento della vita quotidiana, usato solisticamente, in complesso e come insostituibile sostegno della voce nell’urtyn duu, la forma più famosa della canzone mongola. La sua forma, che ricorda vagamente una viola da gamba, presenta una cassa armonica trapezoidale, intagliata nella superficie superiore con due effe e viene tenuta tra le ginocchia dell’esecutore. Normalmente il morin khuur è dotato di due corde, una più grossa per le note basse, l’altra sottile per quelle alte, che non vengono premute dalle dita sulla lunga tastiera come avviene per i nostri strumenti a corda, ma sono invece tirate o spinte di lato dalle dita dell’esecutore, per aumentarne o diminuirne la lunghezza e la tensione, al fine di ottenere intervalli ben distinti, i quarti di tono e i portamenti.
Ikh Khuur (contrabbasso) – Strumento ad estensione più bassa di quella del morin khuur, con una cassa armonica proporzionalmente più ampia.
Huu-Chir – Rappresenta quello che nella musica occidentale è il violino.
Yatga – Appartiene a quella vasta famiglia di strumentali orientali denominati anche salteri “a tavola”, in quanto a fare da cassa di risonanza è appunto una lunga tavola rettangolare. La yatga, in genere suonata dalle donne, viene usata sia solisticamente che in formazioni miste.
Yoo-Chin – Può essere definito un salterio a percussione.
Tobs khuur e Shanz – Sono gli strumenti mongoli che potremmo definire liuti. Hanno una piccola cassa armonica, rotondeggiante o quadrangolare ed arrotondata agli angoli, a fondo piatto, spesso con entrambi i lati ricoperti di pelle (serpente) e con un manico largo, che viene tenuto in posizione obliqua verso l’alto.
Strumenti a fiato
Limbe – Dopo il morin khuur, una posizione di assoluto rilievo nella tradizione mongola viene ricoperta dal limbe, il flauto traverso. Normalmente il limbe viene suonato dagli uomini. La tecnica usata per suonare non è semplice, in particolare per quanto riguarda la respirazione. Gli esecutori mongoli adottano la cosiddetta “respirazione circolare”, che essi chiamano bituu am’sgalakh (respiro cieco), attraverso la quale riescono a soffiare nello strumento e contemporaneamente a inspirare nuova aria, con quello che potremmo definire un “effetto zampogna”, approfittando, per farlo, di determinati momenti della frase musicale, ma senza per questo interrompere la continuità del suono e della melodia che stanno eseguendo.
Tsuur – E’ il flauto dritto, costituito in legno, spesso di larice, nella cui parte inferiore vengono praticati tre fori per le dita. Altri due fori si trovano alle estremità, uno per soffiarci dentro, l’altro per ottenere il suono più basso.
Bishur – Può essere considerato il corrispettivo del nostro oboe. Il bishur è costituito da un tubo conico sottile ed è dotato di sette fori.
Ever buree – Riferendoci all’orchestra moderna, corrisponderebbe al nostro clarinetto. Si tratta di uno strumento ad ancia semplice, applicata a un bocchino tramite una fasciatura.
Rapal – La tromba mongola d’ottone è chiamata rapal, un nome di probabile origine onomatopeica. Di forma conica, lo strumento è costituito da due o tre tubi metallici di diametro crescente, inseriti l’uno nell’altro e tenuti insieme da fasce o ghiere ed è dotata di un’ampia campana.
Ganlin, gandan, dun – La tromba corta mongola corrisponde pienamente alle varianti tibetane dello stesso strumento, che in genere viene usato durante i rituali buddhisti lamaisti, anche quelli funebri e di solito suonato in coppia con un altro dello stesso tipo. La sua forma è leggermente arcuata e originariamente veniva ricavata da femori umani.
Buri – Della tromba in ottone esiste una versione particolare, sempre dritta e conica, forgiata in rame rosso e della lunghezza di quasi cinque metri.
Percussioni
Rnga – Si tratta anche in questo caso di strumenti di derivazione cinese o tibetana. Tra questi, il grande tamburo orizzontale (in tibetano: rnga) a due pelli contrapposte, rigonfio al centro e sospeso a un apposito telaio, normalmente collocato all’interno dei monasteri. Viene percosso con due bacchette diritte.
Damaru – Questo tamburo viene detto a clessidra in quanto è composto da due semisfere contrapposte e congiunte, normalmente in legno, che deriva la sua forma particolare dal fatto che in origine veniva costruito con la calotta di due teschi umani. Quando lo strumento viene agitato, servendosi di un’impugnatura di pelle o di stoffa decorata, le piccole sfere colpiscono alternativamente le pelli tese sulle due calotte.
Khets – Costituito da una membrana di pelle, tesa su di un telaio circolare in legno sottile, non tanto profondo, in moda da poter essere agevolmente impugnato dalla mano sinistra dell’esecutore, spesso è dotato di sonagli metallici fissati al bordo del telaio.
Tsan – Sono strumenti a percussione in metallo (bronzo), corrispondenti praticamente ai nostri piatti.
Gong – Viene usato singolarmente, ma anche in serie, a costituire una sorta di carillon. E’ costituito da un grande disco metallico sospeso, di spessore variabile, originato dal risultato di uno strenuo e lunghissimo martellamento del medesimo.
Aman Khuur – Accanto agli strumenti più importanti, in Mongolia ne troviamo di minori, come ad esempio le nacchere e, curiosamente, lo scacciapensieri o aman khur (lamella a bocca), di uso prevalentemente sciamanico.
LOST ORPHEUS ENSEMBLE
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