Antonio De Lisa – Songbook. Testi per la musica dei Lost Orpheus

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Antonio De Lisa – Songbook. Testi per la musica dei Lost Orpheus


ORPHIC NIGHT

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Bocconiana

Chorus
Mentre citi l’economia di mercato
e ti chiedi “l’amore che cos’è?”
versi lacrime di dolore insensato
ma è quell’amore che ora non c’è.

Sei bella, tosta e tutta in nero ora.
Al pensiero del tuo amore alla deriva
ti batte quel maledetto cuore ancora
e per ripicca ti vesti come una diva.

Metti insieme a caso happy hour
e ormoni col sapore dei soldoni
ma sembri molto giù in questo tour,
anche tutta “discoteche e Bocconi”.

Chorus
Mentre citi l’economia di mercato
e ti chiedi “l’amore che cos’è?”
versi lacrime di dolore insensato
ma è quell’amore che ora non c’è.

T’ho visto a lezione piegata e mesta
sullo smart del tuo amore andato a male,
una selfie strappata in una patetica festa
fatta durante le vacanze di Natale.

Hai troncato la tua adolescenza
e ora che da lontano guardi i messaggi
a novecento chilometri di distanza
capisci cos’è la visione dei miraggi.

Chorus
Mentre citi l’economia di mercato
e ti chiedi “l’amore che cos’è?”
versi lacrime di dolore insensato
ma è quell’amore che ora non c’è.

Ora sei sola nei tuoi vestiti a tiro,
studi in una città molto molto su
-anche se c’è qualcuno che ti prende in giro –
ma ormai non ci credi nemmeno tu.

Chorus
Mentre citi l’economia di mercato
e ti chiedi “l’amore che cos’è?”
versi lacrime di dolore insensato
ma è quell’amore che ora non c’è.


Simil Rave

Mi sono innamorato di te
in una nottata simil-rave
e ora sono pieno di perché.

La musica urlava nel sudore
come il sangue nelle orecchie
al tonfo pulsante del cuore.

Chorus

Mondo Di Merda, Amami,
come t’ho amato io
in quella notte in cui
mi sono sentito dio.

Mi sentivo libero e senza peso
luminoso come una meteora,
senza l’ansia maledetta, disteso.

Non so se succederà ancora
ora che ci sei tu qui con me,
ora qui con me, come allora.

Chorus

Mondo Di Merda, Amami,
come t’ho amato io,
solo in quella notte,
poco prima dell’addio.


RUINS

copertina-ruins-nuovissima

Oil Trip SS 598

E’ verde questa valle,
più verde delle mie speranze,
ma non me la conta giusta
questa esse esse cinque nove otto.

Non si vede quello che c’è sotto,
tra i prati e le colline
e speriamo che presto
non diventi rosso.

Rosso come i tumori in seno,
rosso come queste fiamme,
vampate che spengono il cielo
nei pressi del Centro Olio.

Chorus
Esse esse cinque nove otto,

qualcosa si muove qua sotto.
Sta per piovere a dirotto
Esse esse cinque nove otto

Si erge come una centrale
nucleare nel deserto,
questa cattedrale
alle soglie dell’inferno.

Se si inquinano le falde
qui saranno dolori per tutti,
ammalano l’acqua,
inquinano il domani.

Quanto ci vuole per far diventare
nero tutto ciò, come il petrolio?
Nero come il senso di colpa,
di un consiglio di amministrazione?

Chorus
Esse esse cinque nove otto,
qualcosa si muove qua sotto.
Sta per piovere a dirotto
e va tutto a quarantotto.


Petrolio

E’ l’alba di un nuovo giorno

in Val d’Agri, ma sembra la fine,
tra nebbia, interruzioni, copertoni,
gallerie interminabili senza luce,
e fiumi di fumo di catrame bruciato.

I pesanti Tir vanno a prelevare petrolio,
una grande ricchezza che scorre in mani
di società multinazionali lontane,
lasciando sull’asfalto e sui campi scie
di chiazze inquinanti oleose e malsane.

Chorus
A noi tocca la fine per cancro.
le famiglie distrutte e i torti.
Ma tranquilli, egregi signori,
non daremo più fastidio,
fra poco saremo tutti morti.

Siamo nella Chernobyl lucana.
A nessuno importa che qui c’è gente
sull’orlo di un disastro ambientale.
Farà la fine dei propri nonni
in una nuova migrazione meridionale.

I paesi giacciono in fin di vita
e sul paesaggio tanto decantato
ma che è ormai solo un malato
neanche il cielo è più sincero,
chiazzato di offese e maltrattato.

Chorus
A noi tocca la fine per cancro.
le famiglie distrutte e i torti.
Ma tranquilli, egregi signori,
non daremo più fastidio,
fra poco saremo tutti morti.

Intorno al “Centro Oli” di Viggiano
non cresce più neanche una mela.
Era un terreno fertilissimo,
ci hanno buttato tanto veleno
da farlo diventare una discarica.

I contadini vendono i terreni,
non servono più a niente,
la storia delle generazioni svanita,
qui niente ha ormai più senso,
nemmeno forse la vita.

Chorus
A noi tocca la fine per cancro.
le famiglie distrutte e i torti.
Ma tranquilli, egregi signori,
non daremo più fastidio,
fra poco saremo tutti morti.


Fast food

Lento il treno solca
le vallate lucane,
indolente e sonnacchioso,
ogni fermata uno sbadiglio.
Il sole ha il tepore di vacanze sospese;
lunghe misteriose epocali
le fermate alle stazioncine locali.

Tra i quattro che giocano a tressette
c’è il solito imbroglione e pure incazzato
che urla parole, parole a caso
sul mesto panorama desolato.
Non c’è neanche chi vende panini
e il cesso è puzzolente e sfasciato.

Quando sale il controllore a Sicignano
s’imbuca l’abituale clandestino
il ferroviere ne ha già viste di ogni colore
chiude gli occhi e si asciuga il sudore
in un treno che stenta a decollare.

Quando vedi il Sele vuol dire che sei
quasi a Eboli, nei pressi di Salerno,
lì dove si era fermato il padreterno.
A Battipaglia c’era
un negozietto di sfogliatelle,
calde e untuose come un dolce messicano,
ora al suo posto c’è un fast fud americano.


Area di sosta

Col sole aranciato basso sull’orizzonte

procediamo lenti e sorpassati dai padrepii
disegnati sulle fiancate dei tir.

Chorus
Il sonno di noia è senza sogni,

la fame senza spasimi,
il pullman ha una direzione ignota.

Riempio di carboidrati, zuccheri
e grassi l’attesa e fuori piove.
Risalendo, siamo rimasti in due.

L’autista indifferente mette nell’impianto
stereo del colosso a motore
una canzoncina mielosa di Ligabue.

E’ naturale dimenticare
l’ultimo problema esistenziale
in un’area di sosta autostradale,
tra gli sbuffi dei freni a pressione
dei tir a lunga percorrenza, di notte.

Chorus
Il sonno di noia è senza sogni,

la fame senza spasimi,
il pullman ha una direzione ignota.

La sola compagnia di un passeggero
incupito nelle sue cuffie color latte
e l’autista, che fuma una sigaretta dopo l’altra,
mi ricordano l’Epiro o la Tunisia meridionale.

 


Due derive

Siamo come due derive

che fendono il vento che arriva
dal mare nell’ora sonora
del silenzio e del tramonto.

Vi affondiamo incuranti dell’ora;
ma io non vorrei
essere in nessun altro posto
con nessun’altra persona.

In nessuna altra memoria.
Con nessun’altra fermare il tempo,
dire addio alla storia.


Notte di sortilegi

Notte di sortilegi
cielo di fregi, sulla costa
fra raffiche impetuose di vento,
vento di terra che frena il mare,

vento che porta fuoco nel rogo
e incendia la notte di San Lorenzo,
vento che scuote
in una moltitudine di scintille,

fosca la notte nel fuoco dei fuochi
che dipinge di sue vampe
il mare atterrito. Le stelle perdono
la scena spaurite tra folate che rotolano

sassi in un groviglio di alberi allampati,
tra spire che vorticano come baccanti.
Fuoco che brucia nel caldo
vento che non tace.


Bocconiana

Sei bella, tosta e tutta in nero ora.
Al pensiero del tuo amore alla deriva
ti batte quel maledetto cuore ancora
e per ripicca ti vesti come una diva.

Metti insieme a caso happy hour
e ormoni col sapore dei soldoni
ma sembri molto giù in questo tour,
anche tutta “discoteche e Bocconi”.

Chorus
Mentre citi l’economia di mercato
e ti chiedi “l’amore che cos’è?”
versi lacrime di dolore insensato
ma è quell’amore che ora non c’è.

T’ho visto a lezione piegata e mesta
sullo smart del tuo amore andato a male,
una selfie strappata in una patetica festa
fatta durante le vacanze di Natale.

Hai troncato la tua adolescenza
e ora che da lontano guardi i messaggi
a novecento chilometri di distanza
capisci cos’è la visione dei miraggi.

Chorus
Mentre citi l’economia di mercato
e ti chiedi “l’amore che cos’è?”
versi lacrime di dolore insensato
ma è quell’amore che ora non c’è.

Ora sei sola nei tuoi vestiti a tiro,
studi in una città molto molto su
-anche se c’è qualcuno che ti prende in giro –
ma ormai non ci credi nemmeno tu.

Chorus
Mentre citi l’economia di mercato
e ti chiedi “l’amore che cos’è?”
versi lacrime di dolore insensato
ma è quell’amore che ora non c’è.


Ruins

Sono le nostre rovine

a venirci dietro meste,
sembrano sepolcri al confine,
la gente se ne va da tale peste.

Non si vede più nemmeno
una pietra rimasta in piedi,
una sola fabbrica sul terreno,
solo petrolio e leccapiedi.

Chorus
Lucania antica
come ti sei ridotta?
Sembri una vecchia strega
puzzolente e un po’ mignotta.

La rete stradale scadente,
fra straripamenti e frane,
ponti e treni sospesi sul niente,
non ci si vede neanche un cane.

Gli operai per malasorte
sono tornati contadini.
Tutto ha sapore di morte
tra gli sfigati degli Appennini.

Chorus
Lucania antica
come ti sei ridotta?
Sembri una vecchia strega
puzzolente e un po’ mignotta.


CORALE ORFICO


La prima stella

La prima stella
avvolta in un poetico chiarore
si pavoneggia e si fa bella
brilla di cielo e di infinito altrove.


 

I suoni della notte

I suoni della notte
hanno qualcosa della musica
e qualcosa della casualità
del rumore.

Segnano lo spazio,
scandiscono il tempo,
sono come un’eco
della giornata trascorsa.

Amici che ci trattengono
dall’entrare troppo in profondità
in noi stessi. Ci accudiscono come
cani fedeli. Il silenzio non esiste.


 

Una musica senza nome 

Le parole fuori circuito,
quelle che non servono più,
senza funzione,
di puro piacere,

di duemila anni
o di dieci minuti appena,
si alzano come
lucciole incantate

su per la collina e formano
a quest’ora una costellazione
di pura bellezza,
una musica senza nome.


 

Il sole

Il sole come una fanciulla
alla prima uscita.
Sbatte le ciglia
si inebria di sé.


WHATSHAPPENING

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Katia

Katia lascia scorrere il giorno
senza un verso
senza un rigo.

Katia non è riuscita
a fare il salto dialettico
dalla qualità alla quantità.

Si chiude in frigo.

Katia vive solo di notte,
ogni tanto qualcuno si intromette:
gente strana, vagabondi,
predatori, divorziati e anche sognatori.

Katia ogni tanto alza il gomito
ma non molto, solo per andare
un po’ su di giri, ne ha passate tante
ultimamente con la storia dei suoi amori.

Katia si sposta sulla poltrona
per chiudere un po’ gli occhi stanchi
e non pensare più a niente
ma si alza, è ancora troppa l’adrenalina.

Katia vive solo di notte.
Non c’è più nessuno che si intromette.
Musica a palla.
Movida Blog.
Chattaggio selvaggio.
E occhio gonfio la mattina.


Thousand  Waves

My roots are in the sea
Lulled and transported
By the current of the waves.

It is the wave that moves me
Like a cork
In the vortex flow.

It is the wave that pushes me
Away from this
To another time.

It is the wave of the time
That makes me cherish
Another sea breezes.

It is the wave that whispers to me
To go among the people,
Away from the tomb

Of false appearances.
It is the wave that whispers to me
As in an echo of sirens

The need to go
Even if the goal is less
Important than the journey.

The wave sings
With sweet words
The path of pilgrimage.

The wave shows
Perhaps the place
For reunification.

Maybe it’s just an illusion, the call
Of another era, but it is the wave
That leads me to the shipwreck.


 

Vincenti e perdenti

In un paese triste e indifferente
Marco prende una bastonata
dopo l’altra fra gente senza allegria,
fra gente che ha smarrito la via.

Marco avrebbe un gusto maledetto
ad esibire e manifestare
gli idoli e le icone
della moda che dice “Io”,

di quelli che se ne fregano,
di quelli che la competizione
a ogni costo e vaffanculo,
di quelli che sono meglio “Io”.

Chorus

L’ottimismo dei “vincenti”
è contagioso, rassicurante;
la smania della competizione
alza l’allarme e l’adrenalina,
va a gamba tesa negli affanni
dai rapporti umani.

Marco uno straccio di lavoro
non lo trova e gli fa schifo
fare il friggitore di patatine
ma non sa che fare e si dispera.

Marco non ne può più
e sfascerebbe volentieri una vetrina
se trovasse il coraggio
sniffando una tirata di cocaina.

Chorus

L’ottimismo dei “vincenti”
è contagioso, rassicurante;
la smania della competizione
alza l’allarme e l’adrenalina,
va a gamba tesa negli affanni
dai rapporti umani.

Marco detesta la ricchezza degli altri
si è fatto il culo sui libri di ingegneria
e ora vede che è tutta una menata
la promessa di quella vita agognata.

Marco sta a spasso e si detesta,
a perdere tempo in giornate
fatte di nulla ora che ha mollato la ragazza
non poteva darle quello che chiede il mercato.

E quando gli sale l’angoscia
s’accorge che non ha risposte.
Marco con il precariato
nella testa non andrà lontano.

 


La Grande Rete

Impigliati nella grande rete
esploriamo la quarta dimensione,
dove l’apparenza si mischia
alla realtà in mille posizioni.

Chorus

Leniamo le ferite,
ordiamo tradimenti.
Basta cliccare
per farsi evidenti.

La grande rete si tesse da sola,
sembra un gioco e scatena rivolte;
la tenebrosa rete acceca e salva.

La Grande Rete accelera la storia,
sfuma la distinzione tra il sublime
e il banale ma non ce ne accorgiamo.

Chorus

Leniamo le ferite,
ordiamo tradimenti.
Basta cliccare
per farsi evidenti.


 

Orizzonte sotterraneo

Lui è qui, ma non c’è più.
Più che la situazione
fa male l’inutilità
di parole spese male.

Chorus

C’è qualcosa che ha senso
ormai, in questo deserto irrequieto?

Sì, vecchie abitudini,
nuove lontananze.
Toccare l’irrealtà sfiorandosi,
riconoscersi estranei vivendosi.

Chorus

C’è qualcosa che ha senso
ormai, in questo deserto irrequieto?

Lui era qui, ma non mi sente più.
Questa é la situazione.
Resta solo l’amarezza
di un prevedibile finale.

Chorus

C’è qualcosa che ha senso
ormai, in questo deserto irrequieto?

No. Quieto, il mio respiro
cerca il suo sotterraneo orizzonte.
Ma lui emerge altrove,
luce di un altro mare.


 

Contabilità esistenziale

La contabilità esistenziale
è come un’inflazione di parole
mentre la cronaca ci scuote
e noi ci tocchiamo il portafoglio.

C’è pure chi ci ha guadagnato oggi:
il denaro è pura astrazione.
Il peggio è per chi ha ancora
qualche valore, mangiato dall’inflazione.

Qualcuno ha ordinato
per caso che si passi
da quelli economici
a nuovi sacrifici umani?

Un po’ li invidio gli indifferenti
non necessariamente rozzi
talvolta anche molto colti
e sinceri: ma indifferenti.

La storia scorre sotto le dita,
tutt’al più un’occhiata distratta
al telegiornale della sera.
Con questo non voglio insinuare.

Solo che il mondo in fiamme
e le foto di città distrutte
si situano con spontanea
ferocia al centro della mente.

Qualcuno ha ordinato
per caso che si passi
da quelli economici
a nuovi sacrifici umani?


 

The sounds of the night

The sounds of the night
have something of the music
and something of the randomness
of the noise.

They mark the space,
mark the time,
are like an echo
of the day.

The colors have an appearance
flaky and insincere
in the border area
between day and evening.

The sounds of the night
have something of the music
and something of the randomness
of the noise.

Friends that keep us
from going too deep
in ourselves.
It is the slow scan
of the zero-time.

The quiet of the balance,
the closed circuit of oblivion,
the limited field of farewell.

The sounds of the night
have something of the music
and something of the randomness
of the noise.

I enjoy the suspension
of an hour without minutes
in no-time
of a parallel world.

The sounds look
after like faithful dogs.
Silence does not exist.


 

La fine del giorno

Alla fine del giorno si depositano
pensieri come grani di polvere
abbandonati dal sole e dal vento.
Sembrano contenti che oggi
è già ieri. Ma allora perché
si sente ancora il mormorio
indistinto dei tuoi desideri?


Album “Strade”

copertina-strade-uno

Commando

Sono in quattro nella BMW,
li vedo arrivare da lontano,
in un primo momento non ci avevo fatto caso,
ora mi accorgo che stanno cantando a perdifiato.
Non realizzo subito la situazione.
Quattro ragazzoni, con qualcosa in mano,
qualcosa che sembra un’arma da gioco,
ma è un’arma vera, è proprio un mitra
con la sua bocca di fuoco
e i proiettili in canna.
Il guidatore canta a squarciagola
lo vedo che scala la marcia …
hanno solo vent’anni …
hanno solo vent’anni …

Chorus 1

Una specie di calamita mi spinge
a fissarli negli occhi, occhi cattivi,
occhi di cocaina,
occhi pronti a spegnere altri occhi.

E’ pericoloso guardare negli occhi
chi imbraccia un mitra,
potresti essere un testimone di un agguato, o di qualcosa
che gli somiglia.
Non vedi la mostruosità delle sue intenzioni,
vedi la tremenda forza delle decisioni.
Tremenda, diabolica, militare.
Traspare dalle pupille dilatate.
Il sudore imperla volti contratti dallo spasmo,
uno di loro ha un crocefisso che spunta
sul petto con la camicia aperta
sul tatuaggio giapponese …
Hanno solo 20 anni …
Hanno solo 20 anni

Chorus 2

Si stanno preparando al massacro.
Ma il vero massacro è quello della loro vita.
Qualcuno ce li ha mandati, in quell’inferno,
al riparo di una scrivania di legno pregiato.
Lui lì, loro là, nelle braccia della polizia.

Il rosso del semaforo è eterno,
ha paralizzato il tempo,
lo ha immobilizzato in uno spasmo,
in una smorfia.
Il movimento dei passanti è rallentato,
come in un acquario,
uomini e donne respirano a fatica.
Nel cielo un elicottero della polizia
sferruzza con le sue pale un cielo di latte.
I quattro cantano, a squarciagola,
passandosi sguardi di complicità,
guapperia, sfida alla vita e alla morte.

Chorus 1

Una specie di calamita mi spinge
a fissarli negli occhi, occhi cattivi,
occhi di cocaina,
occhi che si accingono a spegnere altri occhi.

Uno agita l’aria con la mano libera dal mitra,
porta il tempo, batte sulla portiera
come su una percussione,
lo fa con cattiveria, di chi sta attraversando una soglia.
Il rosso del semaforo liquefa i colori tutti intorno.
C’è solo quel rosso, l’ultimo ostacolo.

Chorus 2

Si stanno preparando al massacro.
Ma il vero massacro è quello della loro vita.
Qualcuno ce li ha mandati, in quell’inferno,
al riparo di una scrivania di legno pregiato.
Lui lì, loro là, nelle braccia della polizia.


Rissa

Grazie, fra’, te lo voglio dire sei un vero amico
se non era per te ieri sera in quel vico
io ci restavo secco e me ne andavo al creatore
‘mbriaco da fare schifo e senza un minimo di pudore
quella cazzo di figliola mi ha mandato in pappa il cervello
diceva che mi amava, fra’, ma erano solo parole, ero il suo zimbello
e l’ho scoperta che pomiciava con un truzzo che faceva schifo a guardarlo
tatuato sul collo peloso palestrato ‘mbrillantinato con la musica a palla
che usciva dalla sua miserabile biposto abartizzata
con una doppia fila di luci di posizione e la marmitta truccata
che schifo, fra’, mi è venuto da vomitare
la mia ragazza con quel truzzo, fra’, uno schifo, puah,
ho pensato mo’ lo incasino di pugni e lo mando al creatore
gli faccio vedere chi sono io che ho fatto rugby e lotta grecoromana
ma poi ho pensato se lo merita quella puttana?
No, fra’, non se lo meritava, noi a menarci e lei a sghignazzare
faceva la pupattola e io che credevo ai suoi sentimenti
ero distrutto, ‘fra, te lo posso dire a te che mi capisci
non ci ho mai saputo fare in queste cose
volevo sbattere la testa a qualche spigolo
ma non per niente, solo perché ero stato tanto stupido
ero io che mi facevo pena, fra’, un pugno nello stomaco
che stronzo che sono, fra’, e ora non so più che fare
tira fuori la moto fra’ che ce ne andiamo da questa città di merda
lontani da questa merda.


Sabato sera

Raga’, io lo odio il sabato sera,
a farsi pe’ strada come stronzi in galera
raga’ io lo odio il sabato sera
stravaccato in quel lounge bar luccicoso
a fare il filo come ‘no stupido alla cassiera
che a tutto pensa tranne che a dare retta a un perditempo
ma è la noia, raga’, i soliti discorsi, le cazzate
le vomitate nei vicoli e poi ricominciare
tre drinchi e ancora a ciondolare nello struscio
per incontrare magari qualcuna che ci sta bene o male
ma quelle manco per niente, tutte imbrillantate
ma è solo per farsi vedere eleganti e seduttive
poi vanno a casa dal paparino arrogante
e non pensano agli sfigati arrapati
e noi a sbattere la testa e a parlare di calcio e scommesse
raga’, che squallore il sabato sera
poi magari qualcuno ha voglia di fare a mazzate
e allora ti sfoghi dai qualche cazzotto e sai come fare
e più sei sfigato e più ci dai dentro contro questo mondo di merda
con la faccia di quel tamarro che t’ha dato un calcio nelle palle
e fortunato se riporta a casa qualche osso intatto
e poi ricominci come niente a bere e a fumare
e come ultimo sfregio sbatti la bottiglia sul muro della chiesa
tanto sono tutti stronzi e non me ne frega niente.


Erasmus Generation

Ti vedo in Skype ma senza voce
sembri una foto un po’ sbiadita,
non basta la connessione veloce
sei un volto di un’altra vita.

Sei in Colombia per scelta volontaria;
l’ultima volta che ti ho incontrato
eri a Istanbul in una struttura sanitaria
e la penultima non ricordo dov’è stato.

A Medellin ora fa molto caldo,
dice il tuo linguaggio senza suoni
ma il nostro rapporto non è più saldo,
non fai più colpo sulle mie emozioni.

A Scienze politiche eri il migliore,
i tuoi amici ti vedevano lanciato
in un mondo di livello superiore
in un lavoro non banale e variegato.

Quello che dopo non ho capito
è il tuo randagismo, quell’andar a tentoni.
Alle borse di studio e al loro mito
seguiva la droga delle tue illusioni.

Chorus

Non resisterò a un’altra tua chiamata,
ho un tuffo al cuore quando vedo il tuo volto
ma ora so com’è veramente andata,
è l’ultima speranza che m’hai tolto.

Ero attratta dal mio giramondo
ma soffrivo per l’eterna assenza,
anche se stavi andando a fondo,
cieca di fronte alla tua impazienza.

Poi hai cominciato a fare strane cose
per smania di viaggi senza meta,
come chi cerca urgentemente una dose,
come chi cerca di tirar su qualche moneta.

Come una pianta sradicata,
aleggi in un orizzonte incerto,
precario in carriera o foglia schiacciata,
un pellegrino in un deserto.

Cedevi a facili amori e disinvolti,
“Esperienza”, mi dicevi, “niente di che”,
il problema è che ce ne sono stati molti,
ora mi chiedo chi sia stata io veramente per te.

Chorus

Non resisterò a un’altra tua chiamata,
ho un tuffo al cuore quando vedo il tuo volto
ma ora so com’è veramente andata,
è l’ultima speranza che m’hai tolto


Si è spenta l’allegria

Si è spenta l’allegria,
ma non quella televisiva,
quella delle parate
e delle celebrazioni patinate.

E’ la nostra allegria che si è spenta
quella che sapeva di goliardia,
a fare cazzate con gli amici
in serate meno angosciate

Ora l’allegria ce l’abbiamo negli occhi,
nelle vetrine, nei nostri balocchi:
allegria di circostanza, da dietro
il tavolo della presidenza.

Ci sono cartelli di divieto ovunque:
proibito proibire di proibire.
E’ tutto permesso, ma è proibita
l’allegria, quella vera, comunitaria.

Lavorare bisogna, è il vostro dirigente
che vi parla. Lavorare, lavorare.
E se c’è qualcosa che proprio
non bisogna fare è ridere in compagnia.


Bambini soldato

Se trecentomila vi sembran poco
considerate che sono minori
e se per i capi è altissima la posta,
per i bambini soldato sembra un gioco.

Oggi un bambino di 10 anni può usare
un AK-47 come un adulto,
visto che è un’arma automatica e leggera
e come un adulto sparare e ammazzare.

Più docili all’indottrinamento,
i ragazzi non chiedono compenso
e più facilmente di un adulto
scivolano in un gioco violento.

Affrontano il pericolo con incoscienza
totale, attraversando campi minati
o intrufolandosi nei territori nemici
con la spavalderia dell’adolescenza.

Ma gioco non è, se e quando tornano a casa,
malati, depressi, imbottiti di farmaci,
con ricordi atroci e micidiali incubi.
Dell’infanzia hanno fatto tabula rasa.


Viaggio notturno

Sugli scogli che affiorano pigri
tenero è il sussurro del vento
per onde che fremono cantilenanti
nella scia della barca che solca
la notte.
Nel mare una distesa di silenzio
complice delle ombre sulla costa
in un manto che nasconde le anse
come una coperta di affanni.
Il viaggio notturno cerca
l’orizzonte
e la sua concava malinconia
nella brezza ondivaga e mutevole
delle sue diecimila direzioni.


Noir

Un istante d’angoscia
apre uno scenario
di complicate funzioni
simbiotiche, derive osmotiche.

Osservo incantato
quella scena di teatro
come un sogno recitato
di cui sono l’attore

ma non il regista. Il regista
ha un’altra idea dei miei
personaggi interiori. Mi sogna
sognare, nemico giurato.


Antonio De Lisa
Diritti riservati




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