Antonio De Lisa – Kepler Now
Basilicata on the road e la musica dello spazio
Soggetto e Sceneggiatura
“Guarda l’immensa distesa del cielo, come scintilla di patène d’oro:
non c’è una stella, per quanto minuscola, che non canti
con voce d’angelo nel suo moto orbitale”
(William Shakespeare)
Soggetto
Un astrofisico di fama internazionale, Leon Pyth, viene invitato in Basilicata per tenere una serie di conferenze all’Università. Ben presto scopre una terra magica in cui si mescolano arcaiche tradizioni e profonde curiosità intellettuali. A Potenza è ospite, insieme a una ricercatrice, di un curioso personaggio, appassionato di esplorazioni celesti e musiche dello spazio, Gaffurio, che lo invita a stare nella sua casa e delle sue figlie, Aurora e Occaso. Questa casa ha un aspetto inconsueto, tutti i mobili sono coperti da veli bianchi ed è disseminata di quadri “astrali”. E’ lì che una giovane musicista si reca – dopo aver saputo della presenza di Leon Pyth a Potenza – per chiedere ragguagli sulla musica cosmica. L’incontro fra i tre personaggi alterna scene in interni e voci fuoricampo. Leon Pyth parlerà della musica delle sfere e in particolare di Keplero, un personaggio che lo ha sempre affascinato. Il cortometraggio è ricco di inserti cinematografici di immagini delle galassie, alternate a musiche. Una sera Leon Pyth e la sua assistente vengono invitati in una bella casa di campagna, isolata tra le colline, dove fanno altri incontri interessanti. In quell’occasione si svolge una “Danza dei veli” tra le magiche atmosfere di un paesaggio notturno. In seguito Leon Pyth esprime il desiderio di visitare l’Osservatorio astronomico di Castelgrande, di cui ha sentito parlare molto favorevolmente ed è qui che esprimerà il suo addio alla Basilicata e all’Italia, con un commosso omaggio a Galileo Galilei, rivelando che dei suoi lontani antenati venivano proprio da lì, da Castelgrande. Leon Pyth canterà il cielo con i piedi piantati sul suolo delle sue origini. Terra e cielo si riuniranno nella vita di Leon Pyth.
Personaggi e interpreti:
VOCE DI LEON PYTH (Antonio De Lisa)
SERENA (Noemi Franco)
LUDOVICA (Chiara Molfese)
AURORA (Claudia Centola)
OCCASO (Annachiara Albanese)
ZENIT (Alberto Galante)
GIOCATRICE DI BASKET (Antonella Pastore)
DOTTOR ZARLINO (Vincenzo Romaniello)
MUSICISTI (Vito Dragonetti, Martin Picerni)
AMICI (Giorgia Croce, Arianna Cristiano, Gabriella. Trerotola, Daniela Moles, Antonio Malatesta, Martina Formichella, Marta Marchesiello, Manuel Scaglione, Donato Marino, Vanessa Errichetti,Elisabetta Laurino, Roberta Auletta, Silvia Mancini)
DANZATORI (Vincenzo Scocuzzo, Chiara Rinaldi, Marica D’Emilio)
—
Soggetto e sceneggiatura: Antonio DE LISA
Regia e montaggio: Antonio DE LISA
Assistente: Noemi FRANCO
Musiche: Antonio DE LISA
Disegno coreografico: Vincenzo SCOCUZZO, Chiara RINALDI, Marica D’EMILIO)
Collaboratore alle riprese: Luca AIELLO
Scene e Lighting: LOST ORPHEUS MULTIMEDIA
Make up: V. ERRICHETTI ed E. LAURINO
Produzione: Officina Galilei per il Teatro e la Musica
Realizzazione: LOST ORPHEUS MULTIMEDIA
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Ringraziamenti:
Famiglia Grimaldi e Galante
Comune di Campomaggiore
Osservatorio astronomico di Castelgrande
Sovrintendenza per i Beni archeologici di Basilicata
Lo spettacolo dal vivo prevede la proiezione di un video realizzato per l’occasione e la presenza scenica e funzionale di un Ensemble musicale e di un Coro misto.
Sceneggiatura
SEQUENZA No.1 – L’arrivo di Leon Pyth e della sua assistente
PRIMA SCENA
Esterno. La scena è ripresa da un’auto in movimento e inquadra il mutevole paesaggio con al centro il sole che tramonta. Voce di Leon Pyth fuori campo.
LEON PYTH
(Voce fuori campo) Mi chiamo Leon Pyth e di mestiere faccio l’astrofisico, studio il movimento delle galassie. Studio le galassie e il loro allontanamento reciproco. Mi spingo sempre più lontano, con gli strumenti messi a disposizione dalla radio-astronomia. Mi affascina l’infinito (Pausa). Ora siamo qui, in Basilicata, io e la mia assistente Serena, per un giro di conferenze e ci stiamo dirigendo verso la casa di campagna del mio amico Gaffurio. Gaffurio è di qui e da anni siamo in corrispondenza epistolare. Finalmente lo conoscerò di persona. La macchina che precede la nostra è quella di Zenit, il figlio di Gaffurio. Intanto, ci godiamo il tramonto di questo magnifico sole.
SCENA SECONDA
LEON PYTH
(Voce fuori campo) Serena e Zenit hanno fraternizzato subito. Sono seduto su una panchina del giardino e li osservo camminare nella notte incombente. E’ bello qui. La bellezza del paesaggio lucano è spoglia di orpelli, nuda ed essenziale.
TERZA SCENA
Il Coro dal vivo intona la canzone “La prima stella”
La prima stella
avvolta in un poetico chiarore
si pavoneggia e si fa bella
brilla di cielo e di infinito altrove.
SEQUENZA No.2 – I quadri di Gaffurio
PRIMA SCENA
LEON PYTH
Circa 4 miliardi di anni fa la Terra era già un pianeta completamente differenziato. Il suo nucleo era caldissimo e prevalentemente fuso, il mantello era abbastanza ben solidificato e la crosta e i continenti primitivi si erano già sviluppati. Anche gli oceani e l’atmosfera si erano formati, forse a opera delle sostanze rilasciate dall’interno della Terra e i processi geologici che oggi osserviamo erano già attivi. Tra i pianeti, Mercurio ha un’atmosfera molto sottile, costituita per lo più di elio, e con un’escursione termica che è la più grande conosciuta nel sistema solare. Venere è desolatamente inospitale, con condizioni di superficie simili all’inferno descritto dai nostri teologi e dai nostri poeti. Marte è un pianeta così freddo e con un’atmosfera così tenue che, se ci fosse, l’acqua congelerebbe o evaporerebbe. Giove, Saturno, Urano e Nettuno, i pianeti giganti esterni, al di là della fascia degli asteroidi, costituiti di gas, resteranno per lungo tempo un rompicapo. Queste palle di gas sono così grandi e chimicamente così particolari che debbono aver seguito un’evoluzione molto diversa da quella dei piccoli pianeti cosiddetti terrestri (“simili alla Terra”), conosciuti anche come pianeti interni. La ricerca delle origini dell’Universo e del piccolo spazio di esso che noi occupiamo risale alle più antiche leggende mitologiche. Oggi la spiegazione scientifica più ampiamente accettata è fornita dalla teoria del Big Bang, secondo la quale l’Universo ebbe origine tra i 13 e i 14 miliardi di anni fa con un’esplosione cosmica. Prima di quel momento tutta la materia e l’energia erano racchiuse in un unico punto, dalla densità inconcepibile. Durante le prime frazioni di secondo con un processo ancora in atto, l’Universo si è andato espandendo e diradando fino a formare le galassie e le stelle. Durante gli ultimi quattro miliardi e mezzo di anni si è originato ed evoluto il sistema solare. Il primo a formulare una teoria che viene accettata ancora oggi è stato Immanuel Kant nel 1755, secondo la quale il sistema solare si è formato a partire da una nube rotante di gas e polveri. Una nube rotante … Oggi gli scienziati chiamano questa teoria “Ipotesi della nebulosa”.
SEQUENZA No.3 – L’eclisse di sole
PRIMA SCENA
Esterno. Un gruppo di ragazzi seduti in circolo per terra, a gambe incrociate, nello spiazzo antistante un liceo. Inquadratura in primo piano di Occaso.
OCCASO
E’ vero che l’eclissi è un fenomeno naturale ma conserva qualcosa di magico. Una volta gli eserciti smettevano di combattere quando si oscurava il sole. E’ talmente importante il sole che non possiamo perderlo di vista nemmeno per 10 secondi. Questa volta siamo stati fortunati, insieme all’eclkissi abbiamo avuto anche il Professor Leon Phyth, che ci ha descritto l’eclissi dell’11 agosto del 1999 e ci ha dato appuntamento alla prossima del 2081.
SECONDA SCENA
AURORA
L’eclissi di sole
Immagini dell’eclissi di sole del 20 marzo 2015. Musica: “Planetarium”.
SEQUENZA No.4 – Sfere e Rimbalzi
PRIMA SCENA
La scena iniziale inquadra le gambe di una giocatrice di pallacanestro, si vedono i rimbalzi della palla, dipinta come la terra. Poi lo sguardo sale e inquadra il volto. Stacco.
SPEAKER
Il suono del fondo cosmico è stupefacente. (Pausa) L’universo è solo apparentemente silenzioso, in realtà è pieno di suoni, che arrivano dai suoi primi istanti di vita, il Big Bang. (Pausa) E’ un fruscio costante, con un ritmo ripetitivo. E’ possibile ascoltare il suono delle stelle, delle Pulsar, della radiazione cosmica. (Pausa) Il più suggestivo è il suono dell’aurora, fischi in tonalità crescenti, come il rumore del vento. Qualche anno fa gli astronomi che raccoglievano i dati del satellite Chandra, per l’osservazione dell’ universo ai raggi x, elaborarono un segnale proveniente da un buco nero presente al centro della galassia NGC 1275, a 235 milioni di anni luce dalla terra, ricavandone una nota musicale corrispondente ad un Si così basso da non poter essere udito da orecchio umano (57 ottave al di sotto del Do centrale di una immaginaria tastiera di pianoforte!). Il professor Mark Whittle, dell’Università della Virginia, oramai da anni capta e trasforma i segnali elettromagnetici provenienti dall’universo in impulsi sonori, plasmandoli poi in sorprendenti, e a volte alquanto sinistre, melodie cosmiche. E così ha fatto per quello che può essere definito il “vagito dell’universo”, ovvero la radiazione cosmica di fondo derivante dal Big Bang che oggi permea l’intero universo.
SECONDA SCENA
I suoni della notte (Coro parlato)
I suoni della notte
hanno qualcosa della musica
e qualcosa della casualità
del rumore.
Segnano lo spazio,
scandiscono il tempo,
sono come un’eco
della giornata trascorsa.
Amici che ci trattengono
dall’entrare troppo in profondità
in noi stessi. Ci accudiscono come
cani fedeli. Il silenzio non esiste.
SEQUENZA No.5 – Dialogo sulla musica dello spazio
PRIMA SCENA
Interno. Studio di Gaffurio, ospite di Leon Pyth. Libri e carte dappertutto. Movimento di macchina in panoramica.
Ludovica, la giovane musicista, è andata a trovare Leon Pyth. Nella stanza c’è anche Serena, allieva del Maestro, seduta al pianoforte.
Ludovica si aggira curiosa intorno a un telescopio. Primo piano.
LUDOVICA
Musica e matematica nascono insieme, non è vero Maestro… ?
LEON PYTH
Oh, sì … anche la parola che designa il “ritmo” nasce insieme ad “aritmetica”, entrambe derivano dal verbo “rheo”, scorrere … Eraclito addirittura ne fece uno slogan: tutto scorre, panta rhei …
LUDOVICA
La musica scorre nel tempo, come i numeri …
LEON PYTH
La musica è numero e noi contiamo senza accorgerci di farlo, ma questo fu Leibniz a dirlo, ed è un’altra storia …
Ludovica si aggira curiosa intorno a un telescopio.
LEON PYTH
Vedo che osservi con curiosità il telescopio. In fondo, anche lo strumento musicale che suoni è uno strumento scientifico, anche se un po’ particolare…
LUDOVICA
Ah, sì? Non l’ho mai considerato tale …
LEON PYTH
Lo è. Questa giovane ricercatrice suona il pianoforte, ma il mio strumento preferito è quel violino che vedi adagiato sul pianoforte. Spesso suoniamo dei duetti…
LUDOVICA
Non sapevo che gli scienziati fossero dei musicisti, li ho sempre visti come dei teorici, teorici anche della musica, ma teorici, solo teorici. Ed è il motivo per cui sono qui…
LEON PYTH
Già, perché sei qui?
LUDOVICA
Ma Maestro, l’Armonia delle sfere …
LEON PYTH
Ah, vero … La Terra era ed è un pianeta vivo. E’ da qui che l’uomo ha alzato gli occhi al cielo, dalle masse continentali compatte, fatte di deserti sabbiosi, steppe aride, foreste tropicali e brulle regioni rocciose o dalle grandi superfici oceaniche, come ha scritto Alexander von Humboldt, scoprendo di non essere solo.(Pausa) Esistono altri pianeti, ma non sappiamo se esistono altre forme di vita. Questo mistero ci intriga e ci attrae da migliaia di anni, fino a renderlo non solo vivo, l’universo, ma anche risonante, nel buio cosmico.
LUDOVICA
(Un poco sorpresa) In che senso risonante, maestro, che cosa risuona?
LEON PYTH
I pianeti girano intorno al Sole con un movimento ellittico, come ha scoperto Keplero e il loro ordine è così perfetto che per molto tempo si è creduto che fosse l’opera di un divino creatore. L’armonia dell’universo è sembrata somigliare alla forma più pura di armonia conosciuta dall’uomo, quella musicale.
LUDOVICA
E la luna? Non abbiamo parlato della Luna …
LEON PYTH
(Estatico) Oh, la “dama morente scarna e pallida, che avvolta in un diafano velo vacillante esce”, come direbbe Shelley …
LUDOVICA
(Un tantino imbarazzata) Sì, Maestro, la Luna …
LEON PYTH
“La luce lunare ha un che di spettrale; ha tutta la freddezza e un poco del mistero inconcepibile di un’anima liberata dal corpo”, come ha scritto Joseph Conrad nel suo “Lord Jim”…
LUDOVICA
Ma Maestro, la prego, non divaghi … Se non vuole parlare della Luna, può parlare dell’Armonia delle sfere? Sono qui per questo …
LEON PYTH
Ma certo! Pitagora, per primo, capì che l’altezza di una nota è proporzionale alla lunghezza della corda che la produce, e che gli intervalli fra le frequenze sonore sono semplici rapporti numerici. Secondo Pitagora, il Sole, la Luna e i pianeti del sistema solare, per effetto dei loro movimenti di rotazione e rivoluzione, produrrebbero un suono continuo, impercettibile dall’orecchio umano, e tutti insieme produrrebbero un’armonia. Di conseguenza, la qualità della vita sulla Terra sarebbe influenzata da questi suoni celesti. Nel mondo greco il cosmo era paragonato a una scala musicale, nella quale i suoni più acuti erano assegnati a Saturno e alle stelle fisse. Il Sole era indispensabile per la realizzazione dell’armonia in quanto, secondo i greci, corrispondeva alla nota centrale che congiunge due tetracordi. Per Filolao, matematico e astronomo pitagorico, il mondo è armonia e numero, e tutto è ordinato secondo proporzioni che corrispondono ai tre intervalli fondamentali della musica: 2:1 (ottava), 3:2 (quinta) e 4:3 (quarta). In seguito, Platone descrisse l’astronomia e la musica come studi gemellati per le percezioni sensoriali: astronomia per gli occhi, musica per gli orecchi, ma entrambe riguardanti proporzioni numeriche. Egli, inoltre, appoggiò l’idea di una musica delle sfere nel dialogo La Repubblica, nel quale descriveva un sistema di otto cerchi e orbite per i corpi celesti: stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, Sole e Luna, che si distinguono in base alle loro distanze, al colore, e alle velocità di rivoluzione.
LUDOVICA
Ecco, ora mi sento a casa …
LEON PYTH
A fianco della teoria pitagorica si sviluppò la visione magico-ermetica dell’armonia, espressa dalla concezione del monocordo di Robert Fludd, nel quale le sfere dei quattro elementi, dei pianeti e degli angeli sono disposte verticalmente sul monocordo, accordato dalla mano divina. Dio, dunque, è architetto e musicista supremo del creato. Un modello analogo era stato delineato da Franchino Gaffurio, il quale aveva collocato i pianeti attorno a un’ideale corda musicale, secondo una scala eseguita dalle nove Muse, accompagnata dalle tre Grazie e diretta da Apollo.
LUDOVICA
… architetto e musicista …
LEON PYTH
Giovanni Keplero, nel XVII secolo, influenzato dagli argomenti di Tolomeo, scrisse il libro Harmonices Mundi, nel quale vengono descritte le consonanze fra percezioni ottiche, forme geometriche, musica e armonie planetarie. Secondo Keplero, il punto d’incontro fra geometria, cosmologia, astrologia e musica è rappresentato dalla musica delle sfere. Keplero, però, superò il modello statico delle sfere di concezione copernicana in favore di un modello dinamico, trasformando le orbite da circolari a ellittiche, che i pianeti percorrono a velocità variabili (seconda legge di Keplero). Inoltre, Keplero attribuì a ogni pianeta non un singolo suono, ma un intervallo di suoni, in cui la nota più grave corrispondeva alla velocità minima che il pianeta teneva durante la rivoluzione (in corrispondenza del perielio), e quella più acuta alla velocità massima, raggiunta nel perielio.
SEQUENZA No.6
PRIMA SCENA
Danza dei veli
Esterno. Un giardino nella notte. Tre danzatori si esibiscono in una danza dei veli sulle note di “Nocturne”.
CORO PARLATO
Una musica senza nome(Coro parlato)
Le parole fuori circuito,
quelle che non servono più,
senza funzione,
di puro piacere,
di duemila anni
o di dieci minuti appena,
si alzano come
lucciole incantate
su per la collina e formano
a quest’ora una costellazione
di pura bellezza,
una musica senza nome.
SEQUENZA No.7 – I figli di Gaffurio
PRIMA SCENA
LEON PYTH
SEQUENZA No.8 – Osservatorio astronomico
PRIMA SCENA
Esterno. Osservatorio astronomico
SPEAKER
(Voce fuori campo) Nella libera atmosfera non sembra ci siano ostacoli, eppure, se si osserva bene, ci sono dei guardiani, garbati e gentili come capi-stazione di una volta, impeccabilmente addobbati al passaggio del sole (per i fusi orari è indifferente che abbia ragione Tolomeo o Copernico). (Pausa) E’ come un marcia marziale da parata. (Pausa) Il carro del sole non è mai in ritardo. (Pausa) E i guardiani sono lì, impettiti e austeri a segnalare alla zona interessata l’inevitabile tramonto.
CORO
Il sole (Coro cantato)
Il sole come una fanciulla
alla prima uscita.
Sbatte le ciglia
si inebria di sé.
SERENA
Maestro, la vedo insolitamente emozionato …
LEON PYTH
C’è qualcosa nell’aria …
SERENA
Nell’aria?
LEON PYTH
Questo luogo significa qualcosa per me, qualcosa di molto particolare …
SERENA
Si vede.
LEON PYTH
I miei bisnonni venivano da qui, erano originari di questo posto, di questa terra, poi è stata tutta un’altra storia. Ma ora terra e cielo per me si sono ricomposti …
SEQUENZA No.9 – La Danza del Giardino incantato
PRIMA SCENA
Interno. Ludovica esegue una musica alla tastiera. La m.d.p. esegue una panoramica prima di posarsi su di lei. Si sente in sottofondo la musica di “Galactica”.
A seguire la m.d.p. inquadra la danza dei tre danzatori, con il proseguimento della stessa musica.
SECONDA SCENA
Esterno. Giardino di notte. Entrano gli Spiriti curiosi.
SPEAKER
Quando si è in quota la splendente luminosità del cielo rivela le sue ombre. (Pausa) E’ come vedere le radici del colore originario a qualcuno che si è appena tinto i capelli. (Pausa) L’azzurro lascia trasparire il buio della notte cosmica, come un accenno al di là del confine. (Pausa) Più che una minaccia sembra quasi una consolazione: godiamoci questa soffice bambagia di aria respirabile.
FINE
APPENDICE
Scaletta musicale
Planetarium (Orchestra d’archi)
La prima stella (Coro cantato)
I suoni della notte (Coro parlato)
Una musica senza nome (Coro parlato)
Il sole come una fanciulla (Coro cantato)
Nocturne – Danza dei veli (sassofono e pianoforte)
Galactica – Danza del Giardino incantato (Organo)
Gli spiriti curiosi (Quartetto d’archi)
Kepler Dream – Ensemble
Testi del Coro
La prima stella (Coro cantato)
La prima stella
avvolta in un poetico chiarore
si pavoneggia e si fa bella
brilla di cielo e di infinito altrove.
—
I suoni della notte (Coro parlato)
I suoni della notte
hanno qualcosa della musica
e qualcosa della casualità
del rumore.
Segnano lo spazio,
scandiscono il tempo,
sono come un’eco
della giornata trascorsa.
Amici che ci trattengono
dall’entrare troppo in profondità
in noi stessi. Ci accudiscono come
cani fedeli. Il silenzio non esiste.
—
Una musica senza nome(Coro parlato)
Le parole fuori circuito,
quelle che non servono più,
senza funzione,
di puro piacere,
di duemila anni
o di dieci minuti appena,
si alzano come
lucciole incantate
su per la collina e formano
a quest’ora una costellazione
di pura bellezza,
una musica senza nome.
—
Il sole (Coro cantato)
Il sole come una fanciulla
alla prima uscita.
Sbatte le ciglia
si inebria di sé.
ANTONIO DE LISA
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Categorie:I01- Kepler Now
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